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Mollo tutto e cambio vita: disavventure di un cittadino-contadino

Per una famiglia di cittadini che si trasferisce da Milano in campagna quello del rapporto con gli animali è un discorso speciale. Avere un animale in città ci aiutava a sentirci più vicini alla natura. Quando abbiamo scelto di vivere a Camaiore, in campagna, avevamo finalmente lo spazio da condividere con altri esseri viventi come avevamo sempre desiderato. Certo che non tutti gli animali sono facili da gestire come gatti e cani, e quindi tra disavventure e risate abbiamo raggiunto alcune decisioni e ridimensionato il nostro sogno della “Vecchia Fattoria”.

In città abbiamo avuto anche cani trovatelli in appartamento per il tempo necessario a cercare loro un padrone che potesse tenerli e abbiamo toccato con mano tutti i problemi che ciò comporta.  I primi amici a quattro zampe che abbiamo adottato a Camaiore sono stati due cuccioli di sangue misto, maschio e femmina: lui tutto nero e lei tutta marrone. Ce li ha portati la loro mamma, Diana, nero-focata che li aveva partoriti nella natura in un rudere abbandonato accanto al nostro. Quando ha visto che nel nostro cantiere c’era vita e movimento se li è presa in bocca e li ha trasferiti lì affidandoli alle nostre cure dopo averli svezzati. Li chiamammo Tom e Gerry e riuscimmo a tenerli un paio di anni. Erano liberi di andare e venire a piacere, ma il guaio è che Diana li aveva già abituati a mangiare la carne calda dei conigli selvatici che lei cacciava per sfamarli e quando sono stati adulti hanno cominciato a razziare i pollai del vicinato finchè qualcuno nei dintorni, abbiamo saputo dopo, non ha più tollerato la loro presenza e per loro è finita male. Dopo questo episodio sono passati diversi anni di permanenza all’estero e a Milano.

 

micia gatto
L’analisi funzionale di micia verrebbe più o meno così: tra i prodotti pelo sul letto, funzione di controllo del territorio e distruzione dei fiori per prendere il sole…

 

Quando Gaia ha avuto 4 anni, Paola ha deciso di prenderle un gatto per compagno di giochi e da allora il gatto non è mai mancato in casa. Il primo, un maschio europeo di nome Birra e poi la mitica Micia, femmina pseudo-angora bianca e nera con la coda ritta in su come un’asta di bandiera affiancata presto da Pepita, un’europea tigrata che diventava matta per lo yogurt. Da Milano a Camaiore il trasferimento per le gatte Micia e Pepita è stato una festa. Dopo il primo momento di dis-orientamento hanno circoscritto il loro territorio, che ovviamente coincideva con l’estensione del nostro terreno dove c’erano i nostri odori, e a farsi rispettare dalla locale popolazione dei loro simili senza complessi. Entrambe sterilizzate, loro “gatte di mondo” non potevano farsi soggiogare da qualche ignaro campagnolo e si spalleggiavano a vicenda nelle baruffe notturne che Micia, la più aggressiva, ingaggiava indifferentemente contro maschi e femmine irrispettosi della sua legge e dei confini del suo territorio. I gatti sebbene restituiscono molto affetto e qualche volta aiutano anche a tenere lontano i topi, sono principalmente un costo e di funzioni nel nostro piccolo sistema di campagna ne svolgono davvero poche.

Come insegna la Permacultura ogni componente del nostro sistema o progetto dovrebbe svolgere almeno 3 funzioni. Sarà necessario che vi chiediate quali input necessitano i vostri animali e quali output producono? il gioco vale la candela? Una volta che avrete studiato l’analisi funzionale del vostro animale probabilmente avrete la risposta. Quindi la scelta deve ricadere sugli animali giusti, osservate ad esempio questo schema. Le galline svolgono diverse funzioni, costa relativamente poco gestirle, e sono una grande risorsa di lavoro e prodotti. Ma quale razza scegliere? e dove collocarle? 

 

Analisi-funzionale-gallina-Permacultura

 

E’ stata Gaia, una volta laureata e installata definitivamente con noi al Borgo4case, che ha allargato la famiglia degli animali. Primo passo il pollaio per dare riparo a un piccolo gruppi di galline livornesi ovaiole che hanno richiamato anche “amici” meno desiderati come le donnole, le faine e la volpe che hanno più volte fatto strage fino a quando il pollaio non è diventato un bunker antiatomico dove solo qualche topolino riesce ancora a entrare timidamente la notte a rubare un chicco di granturco. Dopo le scorrerie dei selvatici piangevamo sulle penne colorate rimaste sul terreno della baruffa decisi a non soccombere e correvamo a comprare nuove galline cambiando loro sempre nuovi nomi per rispetto alla memoria delle loro precedenti sorelle. Così dopo i soliti Bianchina, Grigia, La Rossa vennero Sylvie (dal nome della vicina che ce la regalò), Cocca, Mimì e Cocò ecc. E poi Cedrone il gallo fifone, regalo di Walter i cui nonni lucchesi hanno da sempre il pollaio nel podere e sanno che le uova migliori sono quelle “gallate”. Fifone perché non si lascia avvicinare da nessuno. Oggi la situazione si è stabilizzata e abbiamo uova fresche di giornata per tutta la famiglia e anche per gli ospiti viaggiatori, la compagnia di un piccolo gruppo di simpatici volatili che ci aiutano a concimare l’orto e tengono pulito l’uliveto e riciclano tutti i residui della cucina.

 

GALLINE-CAMPAGNA
Le galline sono impertinenti e curiose, si infilano ovunque, ve le ritroverete pure in cucina!

 

Nel frattempo le dimensioni dell’orto erano cresciute e ci voleva il laghetto per la raccolta dell’acqua piovana, come insegnano tutti i manuali di Permacultura. Ma l’acqua in campagna porta le zanzare e allora cosa fa Gaia? Mette i pesci nel laghetto e le piante per la fito depurazione che richiamano le libellule, le farfalle e le rane e i rospi: così è nato un ecosistema in equilibrio dove le larve delle zanzare servono da nutrimento ai pesci, alle rane e ai rospi, gli arbusti e le piante lacustri offrono riparo a farfalle e libellule e altri insetti utili e dove le api vengono a fare provvista di acqua.

Ah già dimenticavo le api! Sono arrivate da sole quando meno ce lo aspettavamo. Gaia si era già documentata, ma nessuno di noi ha mai pensato di allevare api nella vita. Eppure un giorno di primavera avanzata di qualche anno fa eravamo nel campo a lavorare e siamo stati attratti improvvisamente da un ronzìo insistente e fortissimo. C’è voluto un po’ per seguire il rumore e scoprire uno sciame di migliaia di api posato su un ramo di uno dei nostri ulivi a riposare, in attesa di ripartire alla ricerca di una nuova casa. E’ stato un attimo: una reazione istantanea di tutti che ci siamo scoperti apicoltori in pectore. Per farla breve, con l’aiuto di esperti conoscenti dopo qualche ora lo sciame riposava tranquillo in un’arnia nel nostro frutteto, dove è stata raggiunta da altre due prodotte con gli sciami della prima e che presto vedranno svilupparsi un apiario di tutto rispetto con la collaborazione di Walter, apicoltore esperto, che è entrato recentemente nella nostra famiglia. Galeotto fu lo sciame? Non si sa, fatto sta che oggi produciamo dell’ottimo miele millefiori, di acacia e di castagno biologici grazie anche all’aiuto dell’apicoltura Walter Massagli. Non crediate che le api solo perchè sono insetti vi daranno meno soddisfazione dei classici mammiferi di campagna o dei volatili, in realtà anche con loro potete instaurare un rapporto di collaborazione e di amore e rispetto e vi daranno tanta soddisfazione. Dunque valutate voi, ma non vi scoraggiate!

 

 

Le avventure non sono finite perché manca il capitolo pecore e questo è stato il più avventuroso. In effetti da cittadini a pastori il passo non è proprio facile. Tutto nasce dall’idea che “invece di tagliare l’erba del prato si potrebbe affidare il lavoro alle pecorelle”… Buona idea, dico io. Si cercano le pecore e intanto si comprano i pali e si recinta tutta la proprietà perché non scappi il gregge. Vi risparmio tutta la trafila delle pratiche burocratiche (numero di stalla, trasportatore ecc.). Trovate le pecore si vanno a prendere e si portano a casa: mamma e figlio. “Papi sono pecorelle, ma tanto carine…” Mal gliene incolse a Gaia. Dopo qualche ora dall’arrivo erano già scappate sulla strada e nell’uliveto del vicino. Al tramonto Gaia cercava ancora di convincerle a tornare attirandole con bocconi prelibati e io con la corda pronto a legarle quando si fossero avvicinate. Niente da fare. Giunto il buio abbiamo desistito, delusi dalla nostra impreparazione e incapacità di gestire la situazione. La mattina dopo di buon’ora tutti a caccia di pecore, chi a piedi chi in auto per abbracciare un raggio maggiore di ricerca. Per fortuna in una piccola frazione di campagna le notizie circolano in fretta e veniamo a sapere che le pecore hanno eletto domicilio presso la stalla di un allevatore poco più su sulla stessa collina nostra e le andiamo a riprendere. Comunque la convivenza è durata poco: Attila, questo il nome che si era guadagnato l’agnello e vi lascio immaginare il perché, oltre a distruggere steccati, recinti e poggi aveva adottato l’abitudine di prendere a cornate le nostre gambe, forse in segno di affetto? Beh, abbiamo dovuto rinunciare e regalarle all’allevatore che le aveva ospitate la prima notte di fuga, dove ogni tanto andiamo a visitarle mantenendo tra noi e loro un robusto steccato a difesa dei nostri stinchi.

 

pecore

 

Gli animali in una piccola realtà di campagna possono essere un grande aiuto come insegna la Permacultura, ma come avete potuto leggere dalla nostra esperienza possono anche essere un grande impegno a cui spesso non siamo pronti, specialmente noi cittadini. Spero di avervi dato qualche dritta rispetto alle incombenze che incontrerete se vorrete anche voi provare a fare i fattori. 

Ora in famiglia si sta parlando di asini, oche, anatre e non so cosa altro: vedremo come si svilupperà la storia. E voi che rapporto avete con gli animali “domestici”?